sabato 25 agosto 2007

the hidden place


"We'll stay in a hidden place
In a hidden place
We'll live in a hidden place" cantava Bjork in un noto brano.
Così ci siamo sentiti anche noi quando siamo entrati in Antylope
Canyon.

un posto segreto e
nascosto, appunto. fuori dai principali circuiti turistici (ma non troppo...), raggiungibile solo tramite un breve (ma avventuroso!) percorso di qualche miglio per una strada sabbiosa, di una sabbia rossa come il sangue, come quella che si può trovare anche in Namibia o ad Ayers Rock.
appena entrati, il canyon ci permette di scoprire, ad ogni passo, colori, luci e contrasti di una bellezza incredibile. e la pace che circonda questo luogo (nonostante le frotte di turisti..) nasconde qualcosa di magico...

ci accompagna una guida Navajo, perchè questo piccolo, giovane canyon si trova in pieno territorio Navajo, ed è la seconda volta che incontriamo un discendente di questo fiero e orgoglioso popolo. purtroppo, ben poco è rimasto dell'immaginario del pellerossa che tutti abbiamo coltivato (anche grazie ai numerosi film western...). a cominciare dalla loro linea, non più agile e scattante come quella di un puma ma ben grassa e obesa come quella degli yankees che li hanno conquistati e sottomessi...

anche gli indiani, infatti, si sono trasformati in macchina da marketing selvaggio per i turisti, con improbabili "ciapa-ciapa" di ammenicoli e chincaglieria varia e spettacoli deprimenti e degradanti presso i lodge dove abbiamo soggiornato nel nostro giro per i parchi.

curiosamente sembrano pero' molto presi dal loro ruolo di clown per turisti e molto ansiosi di spiegarti i simboli e i significati della loro cultura.
ci siamo chiesti se quest'ansia derivi da un legame ancora forte con la loro cultura o semplicemente dalla voglia di scucirti due dollari in più.
Onestamente non siamo riusciti a darci una risposta.

Usciti dal canyon, ancora frastornati dalla sua bellezza, ci siamo trovati a strapiombo - letteralmente - su un altro luogo di suggestiva unicità.
Quel bubbone di roccia rossa intorno a cui il fiume Colorado fa la gimcana si chiama Horseshoe Bend: la zampa del cavallo.
Che ovviamente - essendo americano - è enorme.

mercoledì 22 agosto 2007

Luoghi finti e cieli veri

In un angolo polveroso della città oggi intasato di fast food e autolavaggi si scorge ancora un cartello che recita “Welcome to the fabulous Las Vegas, Nevada”, risalente ai tempi in cui Frank The Voice e Elvis The Pelvis facevano impazzire il mondo. Oggi più che a una favola – nonostante i finti castelli di Re Artù – Las Vegas assomiglia a una commedia grottesca, dove i problemi con cui noi europei siamo abituati a convivere (mancanza di spazio, di soldi e risorse energetiche) sembrano non solo dimenticati, ma completamente rivoltati come calzini.

Per apprezzare almeno per una sera la follia di questo posto in cui rivivono finzioni di Roma, Parigi, New York o Venezia bisogna lasciare nel cassetto i propri metri di giudizio estetico o morale, non farlo significherebbe arrivare ad odiarlo nel giro di cinque minuti. Eppure le contraddizioni di quest’America in cui una cosa ed il suo opposto sembrano eternamente separati come i liquori in certi cocktail sono anche qui, nel regno del business e delle slot machines.

E così si viene a scoprire che il Venetian con i proventi derivanti dal suo cocktail di gioco d’azzardo e porno-soft finanzia l’Ermitage di San Pietroburgo, per esempio. Oppure che lo Strip la notte non è solcato da fotomodelle e rapper (Tupac Shakur venne assassinato proprio qui nel 96) ma da famiglie americane di ceto medio basso, con tanto di passeggini e bambini obesi.

E così in 24 ore – diciamo 48 per i più tenaci – anche questa follia del genere umano viene a noia, il giocattolo si rompe e rimane solo lo squallore, che ci porta a esplorare altri generi di bellezze.


Come il tramonto su Zabriskie Point o ad Arches, il deserto di San Rafael e quello del Mohave.

E come d’incanto ci si sente contemporaneamente Thelma e pure Louise, al Bagdad Cafè e On The Road tutti insieme sotto un cielo che è enorme come ogni cosa in questo paese.


E si arriva a pensare che la famosa frase “bigger is better” i pionieri l’hanno pensata proprio guardando questo cielo.

martedì 21 agosto 2007

everything is so big... that you can even get lost!

già. tutto è grande in questo paese. persino un banalissimo muffin!
diventa un impresa anche trovare una confezione di latte da meno di 4 l... per non parlare delle razioni di colazione, pranzo e cena... non ci si può stupire del fatto che sia un popolo obeso!! senza considerare che si nutrono pure male: anche l'acqua dev'essere aromatizzata e avere per lo meno 4 tipi diversi di vitamine!!
ma questo è solo uno dei tanti aspetti contraddittori di un continente e di un popolo dalle mille sfaccettature.

ciononostante, le sorprese che ci sta regalando sono ogni giorno più grandi, appunto.

anche fare una piccola gita appena fuori S. Francisco, infatti, può rivelare la scoperta di un mondo a parte, con oasi incontaminate in cui i pellicani vivono tranquilli e indisturbati..


e poi... la maestosità delle sequoie, gli esseri viventi più longevi e tra i più enormi al mondo, e lo spettacolo di Yosemite...

o ancora.... lasciare le abbacinanti luci di Las Vegas per godersi il vento caldo e il tramonto a Zabriskie Point, nella Death Valley (senza più il cartello che si vedeva nell'omonimo film di Antonioni... il tempo passa anche qua..)

e ancora... i parchi del sud ovest. siamo a circa 2/3 del nostro giro tra queste meraviglie della natura e ormai abbiamo la paresi mascellare... ogni strada, ogni curva, ogni ingresso regalano scorci, panorami, cartoline per gli occhi (e per lo spirito...) che è impossibile non immortalare..
come Bryce e Red Rock Canyon, Zion, e un altro splendido tramonto ad Arches, dove perdersi diventa la cosa più facile al mondo....

giovedì 16 agosto 2007

up&down per SF


eccoci a Sanfra, o Frisco, o come volete chiamarla.. San Francisco. mitica. stupefacente. e anche lei, piena di contrasti. guardi in alto per vedere dove arrivano a toccare i grattaceli, e poi, non appena rivolgi nuovamente lo sguardo verso il basso stupefatto rimani senza parole, ma per via degli homeless (o meglio... hopeless) che sbucano fuori da ogni angolo.
anche qua, il contrasto stridente tra miseria e povertà è forte ed è quasi impossibile non notarlo.

ma poi, ti rendi conto che SF ha mille altre soprese da regalarti.
per esempio: Chinatown, una vera e propria città nella città.
o i giustamente famosissimi cable car, che ti scarrozzano in lungo e in largo per downtown, salvandoti dalle fatiche delle sue viuzze up-&-down.

o ancora, i leoni marini che sonnecchiano assieme ai pellicani nel disneyland dei turisti, il pier 39


e per ultimo... conquistare il Golden Gate bridge in bici, come promettono con lo slogan "bike the bridge"!! un'esperienza che vi consigliamo vivamente...

lunedì 13 agosto 2007

Welcome to the United States


Per qualcuno - decenni fa - varcare la porta degli Stati Uniti ha significato Ellis Island e quarantena.

Per noi molto più prosaicamente…. coda in auto.

Il grande traffico – nota comune della West Coast – e le ferree procedure doganali creano infatti code chilometriche in ingresso dal Canada e noi ne abbiamo fatto le spese.

Entrati nel grande piccolo paese (le contraddizioni qui sono di casa) abbiamo trovato casette fatiscenti e grandi praterie, barboni e jeepponi, miserie e nobiltà.


Fra le nobiltà sicuramente Seattle ci ha regalato un bel pomeriggio: lo Space Needle accostato al Museo della Fantascienza e della Musica – capolavoro di F.O. Gehry – costituiscono insieme uno scenario pazzesco, di fronte al quale abbiamo intasato le memory card delle nostre macchine fotografiche.


I due musei valgono senz’altro una visita: in entrambi i campi gli americani hanno sicuramente qualcosa da dire. Tuttavia a noi è parso che entrambi siano un po’ confusi, disorganici… insomma anche qui prevale quell’atmosfera di precarietà che più volte abbiamo osservato in questo paese.

La serata si è conclusa con una capatina al Pike Market, enorme mercato ittico e non solo di Seattle. Come dire: immaginate i mercati generali, moltiplicateli per tre (qui tutto è big) e conditeli in salsa americana, molto probabilmente sarete vicini a cio’ che Pike Market è.

Ma l’atmosfera straordinaria di un maiale con le ali al crepuscolo probabilmente si puo’ apprezzare solo venendo qua…


sabato 11 agosto 2007

Whistler e ancora un piccolo assaggio di Vancouver


La mattina è iniziata decisamente bene: sole dopo le tante nuvole di ieri, temperatura ottimale, venticello... insomma, le premesse per una bella giornata c'erano tutte, perciò di buon ora, ci siamo diretti verso Whistler, sede olimpica delle discipline montane, per riuscire a vedere un po' del panorama tipico canadese prima di rientrare negli States.
Non senza aver fatto anche un piccolo tour via car di Vancouver, e aver visto, purtroppo di corsa, una delle parti più belle della città, la baia (nella foto, la parte di English Bay, dove eravamo alloggiati).

I panorami canadesi sono esattamente come uno se li aspetta: boschi, fiumi, alberi giganteschi e questo senso di essere nel Grande Nord. Salvo poi imbattersi in paesini tanto belli quanto finti come Whistler.

Il lavori olimpici, nonostante il largo anticipo, sono ferventi. Complice il clima non certo clemente approfittano dell'estate per fare quello che metri di neve in inverno impediscono. Per esempio raddoppiare la freeway. Per noi, oltre che vedere i cantieri canadesi, questo ha significato un viaggio da odissea.


Mare-Monti (la freeway si chiama Sea to Sky), uno degli aspetti caratteristici è sicuramente il contrasto dove le montagne (nemmeno troppo alte, ma a queste latitudini la neve non manca comunque) si tuffano nel mare e così nel giro di pochi km si possono incontrare ugualmente una stazione sciistica ed una balneare (per i canadesi).

Rientro in serata su una congestionatissima Vancouver (ore di traffico) che pero' ci ha regalato scorci bellissimi della sua city al tramonto.
La serata ha poi fatto capolino in una bellissima baia notturna, stupenda vista goduta dalla terrazza di amici italiani, che non ci hanno fatto mancare gli immancabili spaghetti e persino le melanzane impanate.

Domani si torna agli hamburgher...

venerdì 10 agosto 2007

eccoci!


ci abbiamo messo un po' a tornare collegati col web, ma il nostro piccì ha qualche problemino... e comunque, mercoledì siamo arrivati a Vancouver alle 21.00 cotti dopo 12 h di volo e 4 di auto... se contate anche il jet lag, come dire.. solo oggi siamo tornati ad esser persone (quasi) normali...


ciononostante, ieri abbiamo fatto un bel giro perlustrativo della città, che è sicuramente molto bella e ricca di contrasti, soprattutto passando dal centro commerciale e finanziario (in completa ristrutturazione pre-olimpica) arrivando fino a Gastown e Chinatown, la più grande comunità asiatica del Canada e ormai anche del NordAmerica.


esiste un confine netto, infatti, tra queste 2 zone della città in cui sei costretto a passare in un quartiere che dire degradato è fargli un complimento... infatti, uno dei maggiori problemi della città è rappresentato proprio dagli homeless, che qui si trasferiscono a vivere (o meglio, sopravvivere..) poichè Vancouver ha il clima più temperato di tutto il Canada. Sandro ci confermava che uno dei principali impegni del comitato olimpico sarà proprio quello di spazzare via questa zona e cercare di ricollocare questa considerevole fetta di popolazione da qualche parte. non senza problemi e proteste politiche e sociali.

oggi ci aspetta un giro nei dintorni di Vancouver, Whistler e i siti montani.
a presto!

lunedì 6 agosto 2007

ci siamo quasi....

... va bene sentirsi una trottola, ma dopo il giro di ieri ci siam svegliati entrambi con tutti (e sottolineo tutti...) i muscoli doloranti... 550 km in moto, a zonzo per le Alpi, 13 h di tour, e meno male che la VStrommina non ci abbandona mai.. ma ne è decisamente valsa la pena, perchè anche il meteo ci ha graziato con una meravigliosa giornata di sole!

Prima tappa (doverosa, visto che già l'anno scorso eravamo andati!), colle del Gran S. Bernardo, a dare un bacio a i padroni di casa di questo colle così ricco di storia. Irresistibili!! e il panorama che si gode da qua non è niente male. Per chi volesse pernottare, c'è anche un onestissimo auberge: http://www.hotelhospice.ch/ Nella foto, il campione mondiale: ma quant'è bello!

Poi, via verso Chamonix, a goderci lo spettacolo di sua maestà il Bianco e della Mer de Glace in tutta la loro magnificenza.

E visto che ormai sono "Olympic addicted", non potevamo non fare un breve salto ad Albertville!! eccomi immortalata all'ingresso del museo olimpico.... ne sono uscita con un pin, un gadget, e anche una foto dell'accredito... sono proprio senza speranza!!




Ultima tappa, colle dell'Iseran (2764 m), che assieme ai colli del Galibier e dell'Izoard (tappe di un nostro precedente mototour...), rappresenta un must per chi si intende di vélo ed è appassionato del Tour de France....

Ora... non resta che chiudere gli zaini e prepararsi!! domani, tappa a Milano a salutare mammà, e mercoledì mattina... voliamo verso Parigi, il nostro pit stop prima di atterrare a Seattle.

sabato 4 agosto 2007

fra tre giorni si parte...



Malpensa-Seattle-Vancouver

fra tre giorni si parte.

malpensa-parigi-seattle. poi auto fino a vancouver.
domani gireremo in moto per le alpi passando per italia, svizzera e francia.
ci sono dei periodi in cui uno si sente una trottola.
ma in fin dei conti è bello così.

tornando a noi, fra tre giorni si parte. che dire? l'eccitazione è molta. nessuno dei due è mai stato negli States e fa comunque un po' di impressione...

per chi avrà voglia di sopportarci o anche solo di sapere dove siamo, questo blog sarà un po' la nostra "finestra sul mondo"... così, per far vivere anche a voi un po' di questo viaggio.